In questo numero: L’Io, l’altro, Dio. Religiosità e narcisismo (F. De Nardi); Nuovi culti e sette nella società: Prevenire, Informare, Assistere (R. Di Marzio); Il mio interesse per la psicologia della religione: difendere la psicologia, rispettare la religione (M. Aletti); …
It is a known fact that psychology of religion has always followed the course of the history of psychology, starting from Wundt who dedicated three volumes of his Völkerpsychologie to myth and religion. Religious behavior was seen as a specific object of study and as a specific discipline since the very early writings of the “fathers” of psychology. Just to mention Edwin D. Starbuck, who already in 1899 published a volume on Psychology of religion, William James’s (1902) analysis of The varieties of religious experience, the epistemological and methodological rigor envisaged by Theodore Flournoy (1902, 1903, 1910), and the studies on adolescent religion and on the figure of Christ by Granville Stanley Hall (1904, 1917).
È noto che la psicologia della religione ha da sempre accompagnato la storia della psicologia, a partire da Wundt che, al mito ed alla religione, dedica ben tre volumi della sua Völkerpsychologie. La condotta religiosa è assunta ad oggetto specifico di studio fin nei primi scritti dei “padri” della psicologia come disciplina scientifica. Basti pensare a Edwin D. Starbuck, che già nel 1899 pubblicò un volume di Psychology of religion, o all’analisi della varie forme dell’esperienza religiosa di William James (1902), o al rigore epistemologico e metodologico prospettato da Theodore Flournoy (1902, 1903, 1910), o agli studi sulla religiosità adolescenziale e sulla figura di Cristo di Granville Stanley Hall (1904, 1917).
Ll concetto di narcisismo è diversamente inteso e valutato nelle elaborazioni psicologiche, non meno che nella cultura corrente. Ad un estremo si considera il narcisismo come un serio disturbo della personalità, caratterizzato da un patologico ripiegamento su di sé che rende problematica la relazione con l’altro (e con l’Altro). All’opposto, il narcisismo può essere considerato come una dimensione fondamentale dello sviluppo psichico, necessaria allo strutturarsi coeso del sé e al processo di crescita della relazionalità del soggetto, e dunque della sua religiosità.
“Fede è sostanza di cose sperate/et argomento delle non parventi” dice Dante citando alla lettera San Tommaso. Mille anni prima, un altro Tommaso, che si era proposto di non credere se non in quello che vedeva e toccava, si era sentito rimproverare “Beati coloro che hanno creduto, senza aver visto” (Gv. 20, 29). Eppure il credente continua a cercare “cose”, fatti, dimostrazioni visibili e materiali per giustificare e alimentare la propria fede. Questo apre una serie di interrogativi di interesse psicologico.
In questo numero: L’Io, l’altro, Dio. Il convegno (F. De Nardi); Abstract relazioni: 1. – Nostalgia delle origini e ricerca dell’Altro (A. Petterlini); 2. – Figurazioni dell’incommensurabile e testimonianze nella cura (L. Boccanegra); 3. – Religione e sicurezza narcisistica (G. …
Superando la deriva concettuale soggiacente all’uso confusivo della parola “mistica” individuare alcune caratteristiche della mistica autentica quale può essere considerata dal punto di vista scientifico della psicologia e, insieme dalla rispondenza ad una visione religiosa o almeno di alta spiritualità.
In questo numero: Saluto del nuovo Presidente (F. De Nardi); La SIPR al Congresso IAPR di Vienna (D. Fagnani); IAPR Conference in Wien (D. Hutsebaut); Abstract degli interventi dei Soci SIPR al Congresso IAPR; La Collana di Psicologia della Religione …
Il volume si caratterizza per la specificità dell’approccio alla religiosità, analizzata alla luce della prospettiva dell’attaccamento. Nella prima parte è focalizzata la tematica dell’atteggiamento verso la religione in relazione ai legami di attaccamento. Nella seconda parte vengono presentati i contributi di studio e di ricerca, non connessi in modo specifico al tema dell’attaccamento ma che offrono interessanti spunti di riflessione sull’esperienza religiosa.
Sia il non credente, sia il credente, adottano, in linea di principio, una medesima prospettiva razionale nella rilettura filosofica e psicologica. Per tale prospettiva razionale, la parola “credere” ha il senso propriamente epistemologico ben definito dal fenomenologo E. Husserl: la credenza è un sapere della ragione che non è ancora una conoscenza criticamente certa di se stessa.