I diversi modelli psicologici, elaborati per interpretare il fenomeno della conversione a gruppi religiosi e spirituali minoritari, spesso indicati come “sette” o Nuovi Movimenti Religiosi”, si collocano in un continuum che vede ai due estremi i concetti di “libertà di scelta” (modello intrinseco) e di “persuasione coercitiva” o “lavaggio del cervello” (modello estrinseco), con molte posizioni intermedie. Il modello, “estrinseco” considera il convertito come “passivo”, mentre il primo, “intrinseco”, enfatizza la figura del religious seeker, fondamentalmente attivo. In questo contributo si mostrerà come le diverse formulazioni della teoria del “lavaggio del cervello”, e, in generale, del “modello interpretativo estrinseco” o “coercitivo”, siano state considerate, dalla stragrande maggioranza degli studiosi di Nuovi Movimenti Religiosi, e da importanti Associazioni Professionali, come prive di fondamento empirico, quindi non scientifiche.
L’idea di spiritualità rimanda ad una polisemia di significati, benché spesso paia funzionalisticamente associata alla ricerca di senso. Ciò sembra avere delle implicazioni anche in ambito clinico, allorché trovano giustificazione approcci orientati in senso spirituale/religioso che ritengono opportuno integrare nella pratica clinica la dimensione spirituale: dall’introduzione di “tecniche” di riflessione, alla psicoterapia intesa come pratica spirituale. Questo stato di cose sollecita la psicologia della religione ad una riflessione sulle eventuali derive epistemologiche di approcci teorico-clinici che, abbandonando il principio di neutralità e astinenza, pre-determinano gli obiettivi di una psicoterapia, connotandola in senso spirituale/religioso/ideologico.
In questo contributo si presentano i risultati di una ricerca di Namini e Murken (2008), in cui gli autori esplorano la relazione tra la composizione della famiglia d’origine di una persona e la scelta del tipo di Nuovo Movimento Religioso a cui decide di affiliarsi. Sembra che la scelta possa essere effettuata, almeno in parte, sulla base delle specifiche caratteristiche del gruppo e, quindi, da ciò che quest’ultimo offre al convertito. Inoltre, gli aspetti di coping collegati alla perdita del padre e al numero di fratelli possono essere più importanti di altri, nel momento in cui l’individuo sceglie a quale movimento aderire. In generale, i risultati della ricerca evidenziano che lo studio di come una determinata religione si adatti a una particolare persona sia un utile approccio allo studio del processo di affiliazione nel settore specifico dei NMR.
Viene fatta una distinzione tra coping e coping religioso, osservando come la seconda accezione rischi di essere impropria dal punto di vista epistemologico e metodologico. Il modello del coping può essere utile per comprendere qualche aspetto del comportamento religioso in condizioni di stress, ma appare poco fruttuoso per la comprensione dell’identità religiosa e delle sue eventuali derive psicopatologiche. Ciò è dovuto al fatto che il modello del coping non può esser inteso come una teoria psicologica della personalità. Per questa ragione, pare difficoltoso il suo impiego in riferimento alla salute mentale, che può essere intesa come possibile risoluzione della conflittualità psichica che caratterizza la personalità.
Questo contributo illustra il modello multidisciplinare e integrato di conversione, elaborato da Rambo e coll., per comprendere il processo attraverso il quale le persone cambiano religione. l’idea alla base di questo contributo è che la conversione è un processo di trasformazione religiosa che si realizza in un campo di forze dinamico nel quale sono coinvolte persone, istituzioni, eventi, idee e esperienze. Lo studio della conversione deve tenere conto non solo della dimensione personale, ma anche delle dinamiche sociali e culturali che influenzano la persona.
I simboli religiosi possono essere investiti della conflittualità psichica che caratterizza l’esperienza umana. Anche la psicosi è un’esperienza umana, che si caratterizza per la lacerazione del senso di sé e la perdita del senso di realtà. Il delirio è un esito adattativo e identitario finalizzato a suturare queste profonde lacerazioni, dove talora i simboli religiosi e l’idea della trascendenza trovano un’espressione intercettando il conflitto psichico tra fusione e scissione che contraddistingue l’angoscia psicotica.
L’esercizio della psicoterapia nell’ambito dell’etnopsichiatria impegna lo psicologo ad un costante confronto con aspetti simbolico-culturali e religiosi che non gli sono familiari, sfidando lo statuto culturale della psicologia e della pratica psicoterapeutica. L’emergere di contenuti religiosi nel corso della psicoterapia con migranti di fede islamica porta ad aprire una riflessione non solo sull’uso e sul significato che essi hanno nella dinamica intrapsichica del paziente ma anche sull’influenza delle variabili culturali nella costruzione di diversi statuti di realtà e di individuo.
Generalmente, le persone depresse tendono ad adottare comportamenti sottomessi, ad avere una scarsa considerazione di sé nel confronto sociale, alimentando la paura di una valutazione negativa. Un prolungato comportamento sottomesso, nel tempo, può tradursi in un disturbo depressivo. Allo stesso modo, in un’ottica evolutiva, le convinzioni e gli atteggiamenti religiosi presentano notevoli implicazioni per la vita sociale: stabilire e mantenere gerarchie, figure di potere e relazioni asimmetriche. Tutte queste implicazioni rappresentano esempi di comportamenti sottomessi tra persone religiose e credenti. Nel presente studio, il legame tra orientamento religioso e comportamento sottomesso è stato esplorato in un campione di 391 studenti universitari. I risultati hanno evidenziato che le persone caratterizzate da un orientamento religioso estrinseco sono più propense ad instaurare comportamenti sottomessi. Diversamente, nessuna associazione è stata riscontrata tra depressione e orientamento religioso. In conclusione, un orientamento religioso di tipo estrinseco sociale è funzionale nel perseguire obiettivi attraverso comportamenti sociali, ed è indirettamente coinvolto nella sintomatologia depressiva.
Le nuove forme della spiritualità e i nuovi movimenti religiosi esprimono un desiderio di libertà dalle istituzioni religiose che, a volte, esitano nella costituzione di gruppi con caratteristiche settarie e patologiche. Ci si pone il problema della comprensione a livello psicologico dei bisogni e quindi delle dinamiche espresse dai N.M.R. (Nuovi Movimenti Religiosi).
La religione è a volte vissuta come fonte di benessere psicologico, ma altre volte può essere esito, o anche causa, di formazioni psicopatologiche.
Lo psicoterapeuta, medico della psiche, non medico dell’anima, si trova frequentemente nella necessità di discriminare tra l’ambito psicologico e quello spirituale. Gli interrogativi si pongono spesso fin dal primo colloquio, nel discernimento diagnostico, nella individuazione del disturbo clinico, nella decisione se sia opportuno l’intervento terapeutico, e quale debba essere il fine della terapia stessa.